Crisi di coppia

Crisi matrimoniale

L’educazione all’amore nel matrimonio

crisi matrimoniale

 

di Paola Tettamanzi

 

L’educazione all’amore nel matrimonio è uno dei temi più significativi di Amoris laetitia. Papa Francesco è convinto che «la pastorale prematrimoniale e la pastorale matrimoniale devono essere prima di tutto una pastorale del vincolo, dove si apportino elementi che aiutino sia a maturare l’amore, sia a superare i momenti duri» (AL, 211). Tutto il capitolo IV del documento in cui il Papa ripercorre in chiave coniugale l’Inno alla carità di san Paolo (1 Cor, 13,2-3) va inquadrato in questa prospettiva. «Non potremo incoraggiare un cammino di fedeltà e di reciproca donazione se non stimoliamo la crescita, il consolidamento e l’approfondimento dell’amore coniugale e familiare» (AL, 89).
L’amore di cui si parla troppo spesso, quell’amore che Francesco definisce "sfigurato" dal linguaggio comune, dai media, dalle tante ambiguità che finiscono per essere sintetizzate con questa espressione, va invece riportato al suo significato originario che è quello della quotidianità di moglie e marito. E quindi un amore capace di sintonizzarsi sulla pazienza, sulla benevolenza, sulla capacità di non vantarsi, sull’amabilità, sul distacco generoso e su tutte le altre virtù indispensabili per costruire giorno dopo giorno l’armonia tra lei e lui. Francesco lo spiega con tono pacato, immediato, familiare appunto. Perché la pastorale, spiega, deve offrire «percorsi pratici, consigli bene incarnati, strategie prese dall’esperienza, orientamenti psicologici. Tutto ciò configura una pedagogia dell’amore che non può ignorare la sensibilità attuale dei giovani, per poterli mobilitare interiormente» (AL, 211).
Da qui la necessità di un accompagnamento che si estenda e  si consolidi nei primi anni del matrimonio, con pazienza e costanza, «perché l’amore ha bisogno di tempo disponibile e gratuito... Ci vuole tempo per dialogare, per abbracciarsi senza fretta, per condividere progetti» (AL, 224). Attenzioni che spesso non bastano ad evitare le crisi. La pastorale avrebbe molto da dire in questi momenti ma la maggior parte dei coniugi non vi ricorre perché, annota il Papa, non lo ritiene un aiuto «comprensivo, vicino, realistico, incarnato. Per questo cerchiamo ora di accostarci alle crisi matrimoniali con uno sguardo che non ignori il loro carico di dolore e di angoscia» (AL, 233). Una sfida fondamentale da affrontare, attingendo a tutte le risorse della psicologia e della spiritualità nell’ottica della comprensione e del superamento del conflitto. Ecco perché la pastorale non può più permettersi di rimanere in disparte.
Non bisogna certamente dimenticare che  l’anno della pandemia ha messo alla prova le famiglie italiane. Il primo bilancio sullo stato di salute delle coppie e delle famiglie dopo questo anno di Covid è preoccupante: secondo i conti dell’Associazione avvocati matrimonialisti italiani già nel corso del 2020 ci sarebbero state un 30% in più di richieste di separazioni, di cui la metà giudiziali, cioè non consensuali. Come dire: ci si è lasciati tanto, e peggio. Ancora: sempre secondo l’Ami, a causa del blocco dei tribunali (causa Covid), sarebbero qualcosa come 10mila le coppie in attesa di un giudizio provvisorio, al momento costrette a convivere sotto lo stesso tetto, loro malgrado. Il pensiero vola a loro, a chi è in attesa. Ma anche a chi ancora non ha deciso di procedere per carte bollate e che tuttavia in questi mesi sta misurando il fallimento del proprio progetto di vita, le crepe del rapporto coniugale, la stanchezza, le incomprensioni, le ferite di un tradimento.
Si possono rimescolare le carte e provare a uscire da una crisi senza separarsi? Può, questo tempo di restrizioni e di isolamento diventare la palestra per provare a rimettere in piedi un rapporto e tenere unita una famiglia, specialmente se ci sono figli?  
Guide non ce ne sono, suggestioni sì. Tutte da prendere in esame, se è vero che della scelta di lasciarsi ne va l’intera vita, oltre quella di mediamente altre 10 persone attorno: il coniuge, i figli, le rispettive famiglie di origine, gli amici più cari. Un buon punto di partenza, sembra banale, è fermarsi a riflettere su se stessi, su cosa è cambiato dentro se stessi e cosa nell’altro: è il percorso da fare, in particolare, quando all’origine della separazione (ed è la situazione che va per la maggiore, nonostante le restrizioni) c’è un tradimento. «Seppur nella forma di un monologo che non prevede contraddittorio, non pone domande inopportune e non esige alcuna risposta, il parlare con se stessi placa l’ansia e sollecita riflessioni», spiega lo psicoterapeuta Salvatore Palazzo, che è autore di un libro pubblicato di recente da San Paolo e intitolato proprio Guarire dalle ferite del tradimento. Il “segreto” di una crisi di coppia è un peso insopportabile capace di sgretolare le persone, innescando a intermittenza rabbia, paura, vergogna, senso di colpa. Condividerlo, proprio come si è condiviso il matrimonio, aiuta: prima con noi, poi con gli altri (il coniuge, gli amici, i parenti, il terapeuta). Parlarne, scontrarsi anche, e da capo, di nuovo: nel dialogo le cose prendono via via forma e si definiscono, così da poterle mettere sul tavolo della consapevolezza prima, delle decisioni poi. Serve, in seconda battuta, ragionare. Con la testa,  non solo con il cuore. E qui va rimessa subito in questione la grande illusione che una relazione sfociata nel matrimonio sia solo questione di sentimento, di quello che abbiamo sentito e sentiamo: «Non sono soddisfatto», «Non sono contento», sono le frasi che mille volte si sentono da chi è arrivato vicino a una separazione. Il punto è che «una promessa, per essere mantenuta, si deve necessariamente basare su qualcosa che possiamo controllare – scrive in un altro libro dedicato al tema, Sei buone ragioni per non separarsi (San Paolo), l’esperto di formazione Giuseppe Falcone – . La nostra esperienza ci dimostra che noi abbiamo il controllo sulle nostre azioni, non sulle nostre emozioni, che per natura sono molto più volatili. Non posso prometterti che domani ti farò sentire felice, o soddisfatta. Posso però prometterti di accompagnarti all’aeroporto, o uscire con te, o parlarti in modo cortese». La sfida, insomma, è provare a ripensare la promessa del matrimonio in termini di azioni, non solo di emozioni. Di reale, invece che di ideale. E di provare a mantenerla su questo piano facendo qualcosa per il coniuge, per i figli, per la famiglia, e misurando anche l’amore che riceviamo in termini di azioni effettivamente compiute dall’altro. Tra cui figurano l’ascolto, il perdono (anche nel caso complicatissimo del tradimento), il sacrificio. Si resta insieme per dovere e non per amore, allora? No, se si riesce nell’operazione – non facile, certo – di capire che l’amore è una scelta, «e più precisamente il volere il bene dell’altro – continua Falcone –. Una decisione ferma di uscire da noi stessi e andare incontro all’altro, al suo mondo, ai suoi bisogni». Dove per “l’altro” c’è il coniuge, ma anche i figli: che pur nella sofferenza da mettere in preventivo quando mamma e papà non si capiscono e litigano, più di tutto vogliono una famiglia unita. E a cui può essere insegnato, o dovrebbe esserlo sempre di più, che la conflittualità è possibile, che fa parte dei rapporti umani e che può essere risolta nell’interesse di tutti.
   Decidere unilateralmente di far finire un matrimonio  - perché questo avviene nella maggior parte delle separazioni ed è anche ciò che la legge consente -  senza tenere conto del parere dell’altro, è una forma di sopruso.  Purtroppo, troppo spesso, vale la volontà di uno soltanto. L’egoismo, tuttavia, non può e non deve essere il metro su cui costruiamo le relazioni, né tanto meno la vita sociale: i nostri interessi devono valere quanto quelli degli altri. E l’amore non è soltanto qualcosa che diamo e togliamo a nostro piacimento, ma un dono che riceviamo e condividiamo con qualcuno.

crisi matrimoniale

Separarsi fa male?

Separarsi fa male? Certamente sì,  lo documentano tutti gli studi nazionali e internazionali sul fenomeno. Sul piano economico, le famiglie si impoveriscono: gli uomini quasi sempre devono pagare gli alimenti e trovare una nuova casa (o, più spesso, tornare in quella dei genitori),  le donne restano sole nel mantenimento dei figli. Anche lo Stato si impoverisce: si pensi alle spese per i patrocini gratuiti, ai fondi di sostegno. Ma separarsi ha anche un costo psicologico enorme: per i coniugi e, soprattutto, per i bambini. I casi di cronaca che lo documentano sono purtroppo frequentissimi e strazianti.
Non bisogna poi dimenticare che separarsi spesso non risolve i problemi e molto spesso li aggrava.  Il matrimonio è una promessa: ne deriva, secondo il Codice civile, «l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione». Non si promettono emozioni e sentimenti, ma azioni. Ed è sul piano delle azioni che dovrebbe poter essere sciolto: violenze, soprusi, abusi. Per tutti gli altri casi non esiste una struttura adeguata – né sul piano civile né su quello ecclesiale – per prevenire e mediare.
E poi c’è il discorso dei figli. Per i figli è meglio vivere in una famiglia unita: varie ricerche hanno dimostrato che – eccetto casi di violenza e abusi – i figli soffrono di più per la rottura del matrimonio che per i conflitti familiari, naturalmente non nel caso di conflitti dirompenti e drammatici. Il conflitto controllato fa parte delle relazioni: bisognerebbe allora dimostrare ai bambini che nei rapporti è normale il confronto e che è possibile risolverlo. C’è anche un risvolto morale ed educativo nel decidere di restare insieme: si insegna ai propri figli a non arrendersi, ad avere fiducia nell’amore e nella famiglia.
Infine una persona sposata non è un’entità separata dal resto del mondo. Decidere unilateralmente di far finire un matrimonio  - perché questo avviene nella maggior parte delle separazioni ed è anche ciò che la legge consente -  senza tenere conto del parere dell’altro, è una forma di sopruso.  Purtroppo, troppo spesso, vale la volontà di uno soltanto. L’egoismo, tuttavia, non può e non deve essere il metro su cui costruiamo le relazioni, né tanto meno la vita sociale: i nostri interessi devono valere quanto quelli degli altri. E l’amore non è soltanto qualcosa che diamo e togliamo a nostro piacimento, ma un dono che riceviamo e condividiamo con qualcuno.

 

"Quando ci siamo sposati tu non eri così"

crisi coniugale

Dall'incontro Cei di Paestum spunti e riflessioni per trasformare le difficoltà coniugali in speranza di un nuovo inizio
 
di Paola Tettamanzi

Riproduzione da Noi Genitori & Figli  
 
La crisi di coppia è sempre e soltanto un passo decisivo e ineluttabile verso il fallimento e la separazione? No, può diventare anche occasione di purificazione della relazione, momento di ripresa del legame, spunto per rinnovare la speranza, pur nelle difficoltà e nel disagio. E il senso della Settimana nazionale di formazione organizzata a fine giugno a Paestum (Salerno) dall'Ufficio nazionale Cei per la famiglia. Nell'ambito del convegno — intitolato "Vi darò un cuore nuovo. Disagio e crisi di coppia: fallimento o speranza di novità" - è stato messo in luce come questa lettura inedita della crisi di coppia possa rappresentare, al di là della sua valenza pastorale, anche una rivoluzionaria svolta culturale. La crisi coniugale non è solo il preludio della fine di una storia d'amore iniziata con tanta speranza e spesso caricata di tante attese, ma può diventare occasione di riavvio e di rinnovamento della relazione. Leggere la crisi in chiave di speranza significa credere e sperimentare il miracolo di un nuovo inizio. A Paestum le strade per farlo sono state individuate, oltre che dalle dieci relazioni principali del convegno, anche dai 14 laboratori che hanno offerto la possibilità ai circa 600 partecipanti di intervenire, esprimere dubbi, chiedere chiarimenti, riferire testimonianze ed esperienze. Tutto è stato scritto e schedato.
 
Alla fine il materiale prodotto dai vari gruppi è diventato quasi un piccolo saggio costruito con la freschezza, l'esperienza e la spon­taneità di chi lavora ogni giorno accanto alle famiglie e ne conosce problemi, desideri, richieste, preoccupazioni, ansie. Dal "dossier laboratori" messo a punto da Pietro Boffi e don Giancarlo Grandis, che confluirà poi in versione integrale negli atti del con­vegno, abbiamo tratto qualche spunto, compresi rilievi critici e proposte.

 
LABORATORIO N. 1
 L'AMORE NON È BELLO SE NON È LITIGARELLO  (esperto: Annalisa Marinoni)

•     «C'è una grande assenza della capacità di ascoltare: in famiglia si parla ma non si ascolta».
•     «Le persone in crisi si rivelano quando ormai è tardi per aiutarle veramente. Molti tengono nascosto il conflitto perché se ne vergognano».

 
LABORATORIO N. 2
QUANDO CI SIAMO SPOSATI TU NON ERI COSÌ (esperto: Beppe Sivelli)
 

•     «II quotidiano vissuto come ripetitività e appiattimento porta alla mancanza di dialogo, e la mancanza di dialogo porta alla morte della relazione».
•     «Contrastiamo un'interpretazione del quotidiano come appiattimento e grigia routine da cui fuggire, bensì proponiamo di viverlo come luogo in cui esercitare la creatività umana e spirituale della coppia».

 LABORATORIO N. 3
È MEGLIO SAPERLO PRIMA (esperto: Anna Maria Bonansea Morellato)

•     «Si fa fatica a riconoscere le difficoltà all'interno della coppia, anche a causa della mancanza di aiuti esterni che contribuiscano a leggere la propria situazione. Le coppie, anche di fidanzati, vivono una realtà di isolamento e privatizzazione, a volte subita, a volte voluta».
•     «È positivo il fatto che i conviventi prendano parte ai corsi di preparazione al matrimonio e avvertono che il loro amore, pur profondo e autentico, manca di qualcosa».
•     «Proponiamo ai giovani sposi luoghi di riflessione e di confronto sui temi della diversità, del dialogo, della cura e della valorizzazione del quotidiano, puntando sulla risorsa dei gruppi familiari».

Crisi coniugale sintomi



LABORATORIO N. 4
NON SEMPRE È FESTA NELLA VITA DI COPPIA E DI FAMIGLIA (esperto: Paola Bassani)

•     «C'è una generale mancanza di dialogo, perché le giovanicoppie non hanno gli strumenti per farlo: sono "analfabeti relazionali"».
•     «C'è un filo rosso che tiene insieme difficoltà, imprevisti e sofferenze: la delusione. Anche se è un sentimento doloroso è da considerare una perla, in quanto è la chiave dell'evoluzione della coppia».
•     «Sarebbe opportuno creare centri di ascolto, associazioni o sportelli per il disagio e i conflitti in famiglia e il sorgere di "coppie sentinella" capaci di recepire con immediatezza i problemi».

 LABORATORIO N. 5
A PRANZO DA MAMMA (esperto: Maria Teresa Zattoni)

•      «Oggi c'è la tendenza a concepire i figli come proprietà, e quindi cresce il rischio di invadere i confini; ciò rende i figli fragili e incapaci disvincolarsi».
•      «Dobbiamo sensibilizzare i fidanzati nei corsi di preparazione sulla ricchezza delle proprie radici (la "stirpe"), ma nello stesso tempo sull'importanza di stabilire il proprio confine di coppia».
 •      «Vi è la necessità di annunciare con grande chiarezza, da un lato l'esigenza di staccarsi dalla famiglia di origine, dall'altro che questa sia disponibile a lasciare andare i figli».

 
LABORATORIO N. 6
SONO PIÙ IMPORTANTE IO 0 IL TUO LAVORO? (esperto: Giovanni Gillini).
•      «L'attuale situazione del mondo del lavoro sembra caratterizzata da fenomeni quali: precarietà, pendolarismo, condizioni lavorative defatiganti, prospettive e/o aspettative dicarriera spesso legate a bisogniindotti e non legati a valori autentici».
•      «È necessario fornire alle nostre famiglie strumenti per aiutare ad operare il giusto discernimento tra doveri e desideri, tra bisogni reali e quelli indotti dalla società consumistica e materialistica, la cui mancanza è spesso causa di tensioni nella vita della coppia e di incapacità a gestire i tempi per sé e per la famiglia».


LABORATORIO N. 7
STASERA HO IL MAL DI TESTA (esperto: Michelangelo Tortalla)

•     «La sessualità è una realtà personale/relazionale che abbraccia tutta la vita. Il disagio sessuale equivale a un disagio di comunicazione e relazione, è espressione di un malessere che non va trascurato».
•     «I mass-media contribuiscono a esprimere un volto distorto, spesso spettacolarizzato, delle relazioni interpersonali e sessuali, evidenziandone soprattutto gli aspetti patologici (abusi, violenze, ...)».

 
LABORATORIO N. 8
COME LO DICIAMO Al  NOSTRI  FIGLI? (esperto: Simona Corrado)

•   «La pastorale non valorizza la genitorialità per quello che è e rappresenta. Ci si interessa dei genitori solo quando occorre incontrarli per predisporre la celebrazione dei sacramenti dei figli».
•   «Nei genitori, anche in situazione avanzata diconflittualità e crisi, è sempre possibile ritrovare, seppur minimo, un punto di forza nel loro ruolo e compito genitoriale, utile anche per chiarire la loro relazione coniugale. Occorre puntare di più sulla mediazione familiare, non abbastanza considerata in ambito pastorale».

LABORATORIO N. 9
FORSE QUALCOSA NON FUNZIONA IN QUESTA FAMIGLIA (esperto: Gilberto Gillini)

•   «Atteggiamenti da evitare davanti ai segnali indicatori di una coppia in crisi:

1. giudicare la situazione;

2. discutere con uno dei due coniugi senza capire qual è realmente il problema;

3. schierarsi a favore del coniuge che potrebbe sembrare in un primo momento il più debole; 4. apparire una coppia straordinaria».
•    «Atteggiamenti al contrario da favorire:

1. porre attenzione ai segnali più o meno evidenti;

2. assumere un atteggiamento di accoglienza, ascolto impegnato, sostegno;

3. privilegiare l'intervento in cordata».

 
LABORATORIO N. 10
MI SAI DIRE DOV'È LA PARROCCHIA? (esperto: Enrico Solmi)
 

•    «L'eterogeneità della comunità parrocchiali rende difficile captare le crisi delle coppie. Le parrocchie "dormitorio" escludono il rapporto personale. I sacerdoti riescono a dire parole buone, ma non a creare relazioni personali profonde con chi vive la crisi».
•      «La parrocchia fatica a sentire il desiderio e la necessità di andare incontro a chi è fuori. Spesso la coppia in crisi viene vista come un problema troppo grande per le nostre forze, noipreti ci sentiamo impreparati ad accompagnare chi vive il disagio».
•      «La pastorale delle coppie in crisi deve collocarsi all'interno della pastorale ordinaria. Occorre saper dirottare forze da altri ambiti, investire nella formazione di operatori specifici, avere chiara la distinzione tra coppie di fatto, irregolari e coppie che vivono soltanto una difficoltà. Creare una rete di famiglie disposte a sostenere le coppie che vivono la crisi, attingendo risorse dai gruppi famiglia».

LABORATORIO N. 11
COSA VUOLE IL SIGNORE DA NOI? (esperto: Romolo Taddei)
 

•      «È molto carente una sistematica, organica educazione spirituale alla "relazione". Nella catechesi sono poco evidenziati il matrimonio come luogo privilegiato in cui Dio si rivela, e il linguaggio della corporeità».
•      «Persiste l'abitudine dieducare alla preghiera individuale e comunitaria; molto poco alla preghiera di coppia. Si tende sovente ad "usare" la coppia per servizi pastorali più che a dedicarle tempo per l'ascolto, il dialogo e la formazione spirituale».
 

LABORATORIO N. 12
LEI REVERENDO HA CELEBRATO IL NOSTRO MATRIMONIO... E ADESSO?
(esperto: Francesco Scanziani)
 
•      «Di fronte alla coppia in crisi, il sacerdote si trova ad affrontare una serie di tentazioni:

1. sottrarsi alla richiesta di aiuto;

2. delegare subito ad altri;

3. fare l'esperto senza saperlo fare;

4. assumere il tono del dogmatico, del moralista, del virtuoso/spiritualista».
 •      «II sacerdote è chiamato a superare i limiti della solitudine del confessore, chiuso nel segreto sacramentale e della propria condizione celibataria, che non conosce direttamente la relazione coniugale e pure deve entrare con delicatezza nelle dinamiche della coppia in crisi».
 

LABORATORIO N. 13
L'INDIRIZZO DELL'UFFICIO  FAMIGLIA DIOCESANO È IL SEGUENTE...
(esperto: Edoardo Algeri)

•     «Si nota la distanza tra le proposte dell'Ufficio diocesano, spesso sbilanciate su una visione ideale della famiglia e dell'azione pastorale, con le realtà concrete delle comunità parrocchiali, in cui è difficile affermare la centralità della famiglia nella pastorale per una coscienza insufficiente della sua dignità e del suo ruolo ecclesiale e sociale».
•     «Per poter operare con efficacia, l'Ufficio diocesano deve aprirsi e chiedere la reciproca collaborazione dei consultori, degli altri uffici di pastorale e dei movimenti».

LABORATORIO N. 14
C'È QUALCUNO CHE TI PUÒ AIUTARE (esperto: Luciano Cupia)

•     «Dobbiamo ribadire la differenza tra consultorio pubblico - in cui è prevalente una impostazione medicalizzante - e i consultori di ispirazione cristiana, caratterizzati da maggiori capacità relazionali e di risposta più globale alle esigenze delle persone»
•     «I consultori familiari talvolta sono chiamati a intervenire con troppo ritardo, pregiudicando così un intervento efficace, oppure le richieste vanno oltre le loro competenze».
•     «Dobbiamo migliorare il coordinamento tra la pastorale familiare e l'attività dei Consultori, privilegiando il lavoro in rete e la creazione di sinergie. È importante far conoscere l'esistenza del consultorio sul territorio individuando dei referenti parrocchiali che sensibilizzino la comunità».
 

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Attenti a quei virus


Le "malattie" che attaccano il matrimonio nell'analisi dello psicologo Osvaldo Poli: il "marito amorfo", la "moglie ossessiva", la "suocera straripante"...

C' è un segreto per andare d'accordo con il proprio partner? Sì, è necessario «rendersi conto di come realmente siamo (distinguendolo da come ci piace pensare di essere). È necessario riconoscere i punti deboli del carattere, le tendenze che noi stessi avvertiamo "più forti di noi" che ci portano ad assumere atteggiamenti contrari al valore che vorremmo vivere». L'ha spiegato lo psicologo Osvaldo Poli durante la Settimana estiva di formazione dell'Ufficio famiglia Cei. «Anche nel rapporto di coppia - ha detto ancora l'esperto - le difficoltà sono dovute alle debolezze affettive, ai "punti deboli" del carattere, che limitano la nostra capacità di amare e lasciarci amare dal coniuge». Punti deboli che nell'analisi sono stati tratteggiati come altrettanti virus contro la stabilità della coppia.
Ecco alcuni tra i più pericolosi "virus coniugali" e i loro effetti sulla vita familiare, tratti dalla relazione di Osvaldo Poli. Per sorridere, ma anche per pensare.
 

VIRUS DEL MARITO AMORFO

«Lui tende a lasciar correre tutto, a passare sopra le cose, a far finta di niente, "tanto poi si aggiustano". Si comporta come se pensasse: ciò che non faccio io, lo farà un altro. Mi sembra di non poter mai avere un aiuto da parte sua, e con tre figli non posso più permettermelo. Lui non si ricorda le cose, non le coglie, è superficiale. Soprattutto non parla: bisogna metterlo sotto torchio per fargli dire qualcosa. È amorfo, insipido, senza carattere. Lui conta sempre sul fatto che "comunque possa andar bene", ma non si impegna mai. Mi dice sempre: "Ti prometto, ti prometto...". Ma poi non lo fa, come i bambini. Mi esaspera e poi, come ha fatto ieri, mi regala un libretto dal titolo: "La carità è paziente". Sono andata fuori di testa. Se l'avessi visto così non so se l'avrei sposato... ».

 
VIRUS DELLA MOGLIE OSSESSIVA

«Sono molto insicura del mio valore, penso sempre che lui possa trovare qualcuno migliore di me e lasciarmi. Per evitare questo devo avere sotto controllo tutta la sua vita. Se si ferma con un amico a parlare, mi scoccia, se qualcuno sa di lui cose che io non so, sono infastidita, se una sera mi dice che non ha niente da dirmi mi arrabbio, se accende il computer per svagarsi, lo vivo come un rifiuto di stare con me, quando rientra in casa gli faccio l'interrogatorio. Ho sempre bisogno di verificare che parla di più con me, che preferisce stare con me, che mi considera meglio di tutti gli altri, altrimenti vado nel panico. Per questo devo avere il controllo su tutta la sua vita. Gli tolgo la libertà, come la tolgo a me stessa. Così mi lego a lui e cerco di legare lui a me. Ma non siamo felici insieme».

 
VIRUS DELLA SUOCERA STRARIPANTE

«Mia moglie stravede per sua madre, che abita sotto di noi ed è, per così dire, il suo pilastro. Loro due, madre e figlia, la pensano allo stesso modo. Se dico a mia moglie: "Dai la Tachipirina al bambino", mi dice che sono uno scriteriato. Se dopo dieci minuti glielo dice sua mamma, allora va bene. Ha chiamato nostro figlio con lo stesso nome del padre defunto. Ha fatto contenta sua mamma, ma io tutte le volte che devo chiamarlo non riesco a pronunciare quel nome assurdo. Sembra che ragionino con una testa sola, sono sempre d'accordo fra loro e io vengo sempre messo in minoranza. Non si rende conto degli errori educativi che ha fatto sua madre, la ritiene perfetta ed è come se si fosse impegnata a donarla, quindi a rifare gli stessi errori con i nostri figli. Uno di questi giorni scoppio».

VIRUS DEL MARITO INVIDIOSO

«Se io sopravanzo in qualcosa mio marito, soprattutto di fronte agli altri, segretamente se ne risente. Si sente sminuito e cerca di sminuire me. Non riconosce i miei meriti e le mie capacità, per sentirsi valido lui, deve schiacciare me. Se sono felice per qualcosa, mi dice che sono stupidaggini. Se mi metto a cantare, storce il naso. Se ascolto musica, mi fa sentire una donna poco seria. Se guardo la tv mi fa capire che quei programmi sono senza senso. Sono sempre stata gioiosa, scherzosa, estroversa ma dopo tanti anni che sto con lui non rido più».

VIRUS DEL MARITO INCASSATORE

«Quando mi lamento di lui, mio marito incassa il colpo, mi dà ragione, promette di cambiare ma non lo fa mai. Sopporta le critiche ma non fa una piega. Quando mi arrabbio lui fa il cane bastonato e dice: "Allora pensi che io non faccia proprio niente? Sei brava solo tu?". Torna a casa con il gelato per "distendere gli animi" e io vado su tutte le furie. Lui in realtà pensa che io sia esagerata e aspetta solo che mi passi. I suoi comportamenti mi fanno sentire in colpa ma hanno una certa presa su di me: infatti penso che potrebbe essere vero quello che dice lui. Entro nel dubbio e dico a me stessa: "In fondo cosa mi manca? C'è chi sta ben peggio di noi. Forse sono io che pretendo troppo, che dovrei accontentarmi, sono io che ho un brutto carattere". Se lui vede che sono un po' più serena, pensa che sia passato tutto e si riavvicina a me, senza capire che voglio qualcosa di diverso da lui». ♦

 

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