Riproduzione dal n. 258 di "Noi famiglia & vita" del 31/01/2021
di Benedetta Verrini
Quanto grande è la prova della pandemia sulla 'tenuta' delle coppie? Non è una domanda peregrina, e sebbene gran parte delle ricerche si siano concentrate, in questi mesi, sugli
effetti 'indiretti' del Covid legati al peggioramento delle condizioni economiche, alla perdita del lavoro, allo stress familiare legato alla didattica a distanza, alcuni demografi hanno
rilanciato il problema della fragilità delle relazioni. Ne ha recentemente parlato Neodemos, sito di demografia che ha riportato i risultati di una ricerca transnazionale su un campione di circa
4mila coppie di Francia, Italia e Spagna, fotografate nel periodo del primo lockdown. E’emerso che la 'cattività' non aiuta la relazione, anzi la mette in crisi: il 12,5% delle coppie italiane
(dato più alto tra le tre nazioni) ha dichiarato di sentire peggiorata la qualità della relazione, e il 17% ha sentito aumentare il peso della solitudine, nonostante la convivenza più stretta.
«Dalla mia prospettiva professionale, ho potuto osservare concretamente un aumento delle crisi matrimoniali, con conseguente richiesta di assistenza e avvio delle procedure di separazione»,
spiega Raffaella Pini, avvocato familiarista e membro Aiaf di Milano. «E’ una triste conseguenza di tanti mesi di chiusura di tutti gli spazi, fisici e mentali a cui le persone erano abituate, e
che in qualche modo garantivano momenti di evasione, sfogo, soddisfazione personale. Per un certo tempo non è stato possibile (e per alcuni non lo è ancora) recarsi sul posto di lavoro, pranzare
con un amico, allenarsi in piscina o in palestra. Tutto questo, che fa parte della nostra vita, in qualche modo aiuta a mantenerci equilibrati, anche in coppia. Nella convivenza forzata, in spazi
domestici a volte piccoli, con tante preoccupazioni e responsabilità, non è nemmeno possibile, dopo una litigata, uscire e andare da qualche parte a 'sbollire'». Ma oltre a un quadro quasi
'fisiologico', e forse passeggero, delle crisi innescate dalle chiusure forzate, è emerso un fenomeno più complesso e profondo: «L’eccezionalità di questo momento ha messo sotto una luce cruda la
scarsa consistenza di certe relazioni matrimoniali», prosegue Raffaella Pini. «Ci sono coppie che si reggono sull’assenza reciproca, ritrovandosi esclusivamente per alcuni rari momenti comuni;
partner che non ci sono mai, letteralmente, perché lavorano in altre città e sono presenti solo nel weekend. Quando la relazione non è fondata sulla condivisione ma piuttosto sull’evasione, un
periodo di convivenza forzata mette duramente alla prova gli equilibri. Pensiamo anche, quando ci sono figli e magari i ruoli genitoriali sono fortemente suddivisi tra genitore 'normativo',
molto spesso la madre, e genitore 'ludico', più di frequente il padre. Domandiamoci cosa accade a questo padre che si trova improvvisamente a dover seguire i figli nei compiti o a dare regole di
vista domestica».
Le regole di distanziamento hanno poi svelato, purtroppo, anche diverse relazioni extraconiugali: la condivisione di tablet e computer, lo smartphone del coniuge a portata di mano che 'trilla'
messaggi, sono stati i maggiori veicoli di scoperta. Come sono state vissute queste crisi? «Sono state esplosive, drammatiche, accentuate dalla coabitazione forzata», ammette l’esperta. «In un
caso, ho avuto un cliente cacciato di casa dalla moglie che si è trovato respinto sulla soglia anche dall’amante, che non riteneva di voler avere una storia così tanto impegnativa da arrivare
alla convivenza». A volte, infatti, i tradimenti extramatrimoniali nascono da superficialità, narcisismo, senso di solitudine, paura dell’età che avanza. Ne offre un ampio sguardo lo psicologo
Salvatore Palazzo, che segue le coppie in crisi: «Non vi è un unico motivo che porta al tradimento e spesso le ragioni si intrecciano », spiega. «Provando a fare un elenco, quelle che registriamo
maggiormente appartengono, da un lato, alle mancanze che i partner vivono nella relazione, dall’altro alla necessità di soddisfare nuovi bisogni. Il tradimento è l’evento che ha il maggiore
impatto nella relazione e sbalza i partner in una dimensione emotiva, affettiva e comunicazionale completamente inedita. Da subito, infatti, essi vengono chiamati a rivedere la propria posizione
nel nuovo contesto familiare. Dopo un primo momento di disorientamento, ognuno comincia un percorso di analisi e di riflessione. Ai tanti interrogativi, sovente, nei partner traditi si aggiungono
pensieri autosvalorizzanti, costellati da sensi di colpa per non essere riusciti a prevenire l’accaduto».
Ci sono spazi di riconciliazione? «Diciamo che le coppie che arrivano davanti all’avvocato hanno fatto un cammino, spesso faticoso, e quasi mai 'impulsivo'. Per tornare sui loro passi e
ritrovarsi hanno bisogno di un percorso speculare che le riporti indietro, molto spesso con l’aiuto di un consulente esterno», aggiunge l’avvocatessa Pini. A volte, in casi più rari, i coniugi
riescono a ritrovarsi anche da soli. «Mi è accaduto proprio durante il primo lockdown, con una coppia che aveva un bambino molto piccolo. Non si è trattato di un tradimento ma di un caso di
intrusione della famiglia d’origine. Infatti, proprio durante la chiusura generale seguita alla prima ondata di Covid, il marito ha invitato la propria madre a convivere con la sua famigliola. La
presenza della suocera nell’intimità domestica e le sue interazioni con il bambino, 24 ore su 24, hanno fatto esplodere la crisi. I coniugi sono arrivati alla soglia della separazione, ma già nel
mio ufficio era molto chiaro che si volevano ancora bene, che non volevano assolutamente ferirsi e che erano solo reciprocamente amareggiati. Insieme al collega della controparte li abbiamo
portati a un ripensamento, e quando la suocera è finalmente tornata a casa sua, la coppia ha ripreso il suo cammino».
Una micro-storia con un finale felice, dentro a una crisi di portata planetaria che ha messo in crisi identità e sistemi sociali, ci aiuta a guardare alle relazioni con speranza, nonostante tutto: alla fatica si può reggere, se la casa è costruita 'sulla roccia', ovvero se ci si conosce, se si è alleati, se nel progetto di vita è compreso un 'noi' e un 'per sempre'. Gli psicologi parlano di due teorie a confronto: quella dello stress familiare, secondo cui di fronte a momenti di emergenza viene a mancare il sostegno emotivo tra i partner, e quella dell’attaccamento, secondo cui le difficoltà, invece di separare, aumentano la coesione e aiutano, in qualche modo, a vedere la luce in fondo all’oscurità.
Contattaci, insieme si affronta meglio questo periodo.
Da dove comincia la riconciliazione di una coppia? Lo abbiamo chiesto a Salvatore Palazzo, psicologo e psicoterapeuta, che si occupa di relazioni di coppia e sessuologia clinica presso
l’Associazione di Psicologia e Psicoterapia 'Il Conventino' di Bergamo, di cui è vicedirettore. Palazzo è autore del volume 'Guarire dalle ferite del tradimento' (San Paolo, pag.128, euro 15) e
dedicato ai percorsi - lunghi, faticosi ma anche rigeneranti per la relazione - dei coniugi che riescono a riprendere il cammino interrotto.
C’è un intero capitolo, nel suo libro, dedicato al perdono.
Certo, perché molte volte si sente pronunciare la parola 'perdono' nella storia di una coppia. È vero che il termine ha richiami di fede, ma il matrimonio non è esso stesso una fede nell’altro?
Al meglio si chiede scusa, come se il tradimento fosse stato un semplice errore di valutazione. Invece, è proprio dando valore al termine perdono che il dialogo può ricominciare: in questa parola
c’è tutta la sapienza di una civiltà, di una cultura di attenzione e di cura dell’altro. C’è il riconoscimento della dignità di ogni persona, dei suoi bisogni, dei desideri, della speranza, degli
ideali e dei valori.
E questo può servire a risanare le ferite?
Attenzione, il perdono non è la bacchetta magica che cancella gli accaduti, ma una 'nuova chiave' per aprire uno spazio di comunicazione in cui la coppia potrà ricominciare a confrontarsi.
Perdono come opportunità per rivisitare stili comunicativi, pregiudizi, rigidità e fraintendimenti, per rimettersi in discussione, per definire limiti, per accettare la diversità dell’altro.
Perdono come segno comunicativo che rimanda ad un legame forte, autentico, che tenta di superare forme di individualismo e narcisismo. Quando durante i colloqui emerge questo tema, è sorprendente
osservare come immediatamente si crei imbarazzo tra i coniugi. Forse perché solo in quel momento si ha consapevolezza della forza di questo atto comunicativo, che irrompe con veemenza nel
dialogo, ne sfronda ipocrisie e falsità, arriva diritto al cuore delle persone. È un atto che scuote le coscienze, le spoglia, per avviarle finalmente verso un’intimità
condivisa.
Lei spiega che la coppia che si riconcilia, in qualche modo, 'riscrive le regole' della propria convivenza.
Sì perché la crisi, per essere superata, necessita di parole di verità rassicuranti; la fiducia va ricostruita; nulla più, nella relazione, verrà dato per scontato. Saranno le azioni, i
comportamenti, i modi di atteggiarsi che ci indicheranno gli sviluppi della relazione. Quello che ci si aspetta, da chi ha tradito, non è solo il pentimento per il danno arrecato, ma l’impegno a
cambiare lo stile di vita. È tempo di stipulare un nuovo patto per un’alleanza di coppia.
Ce la farò a fidarmi ancora? E’ la domanda che si pone il partner che ha subito maggiormente la crisi.
La risposta è positiva se il rilancio della relazione avrà come presupposto una comunicazione improntata alla chiarezza e alla verità. Sono elementi indispensabili per condividere stati d’animo,
sentimenti
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