Dirsi addio con allegria: il nuovo diktat del divorzio

A Milano un Salone specializzato in servizi per gli “ex”
E tutto scivola nel business, mentre si tace che la crisi familiare è ormai un’emergenza sociale.

 

Riproduzione dell'editoriale di "Noi, genitori & figli" del 30/05/10

 

di Luciano Moia

 

Che idea simpatica quella di organizzare anche in Italia un Salone del divorzio. Finalmente il nostro Paese si allinea agli standard culturali del Nord Europa e degli Stati Uniti, dove iniziative simili coinvolgono e “motivano” il pubblico e raccolgono consensi di critica. Da noi divorzi e separazioni, pur toccando quasi 250mila persone ogni anno, non raggiungono ancora le cifre imponenti dei Paesi anglosassoni, dove va in frantumi un matrimonio su due. Ma possiamo sicuramente migliorare… Così anche in Italia l’addio al matrimonio potrà ben presto diventare un grande, sterminato business, oltre che per gli avvocati matrimonialisti, come già avviene su vasta scala, anche per tutto quello spumeggiante mondo di nuove agenzie, società, organizzazioni impegnate a sfruttare al meglio il momento sempre più frequente dell’affetto estinto.
Ci sono società di pierre esperte in “secondi” e “terzi” matrimoni che si propongono di aiutare il single di ritorno a individuare le strategie migliori per mettersi alla ricerca di un nuovo partner. E poi agenzie di viaggi specializzate nell’offrire mete adeguate a chi è stato costretto, oppure ha deciso, di andare avanti da solo. E ancora, offerte di stilisti e di maestri del look, capaci di cancellare quell’insopportabile aria da ex che ristagna sull’allure di chi si è appena lasciato e continua ostinatamente a mostrare un desueto profilo di mestizia. Eh no, basta con questi schemi affettivi superati e polverosi. La parola d’ordine del Salone milanese, organizzato all’inizio del mese in un grande hotel del centro, è stata «fatelo con umorismo e leggerezza». Se proprio addio dev’essere, sia obbligatoriamente sorridente e spensierato. Facile, anzi scontato, verrebbe da dire seguendo i saggi consigli elargiti con generosità durante la kermesse dove, tra tante delicate riflessioni, è stato possibile ascoltare una psicologa del valore di Milena Stoikovic, originaria di Belgrado, ed esperta di “divorce planner”. Questa signora ha spiegato con argomentazioni stringenti che sì, il divorzio può causare qualche contraccolpo psicologico – nessuno l’aveva mai sospettato – ma che è semplicissimo annullarne gli effetti peggiori con qualche opportuna strategia. Un esempio? La “torta di divorzio”. Davvero un’intuizione brillante, non solo per coinvolgere anche l’industria dolciaria nello strepitoso affare dei cuori infranti, ma soprattutto per edulcorare senza metafore la fine del rapporto. Certo – ha messo in guardia “lady divorzio” con acuta sensibilità – gli italiani non sono ancora del tutto pronti ad accogliere proposte di veri e propri “party dell’addio”, come avviene negli Usa, dove il divorzio è ormai sempre più spesso salutato con banchetti variopinti, affollati di amici e di ex, di amici dell’ex e di ex senza amici. Insomma tante presenze, apparentemente contraddittorie, che solo una mentalità un po’ datata come la nostra potrebbe definire bizzarre. E, dopo il banchetto, ecco spuntare i regali. Eh sì, perché ogni divorzio che si rispetti deve avere la sua bella “lista”. Proprio come quella di nozze. Ormai i fiori d’arancio appassiscono così velocemente che la nuova etichetta della relazione usa e getta impone da una parte la restituzione del dono nuziale, dall’altra la presentazione di un elenco mirato di oggetti utili per riavviare una nuova stagione di singletudine. Non è dato però di sapere quale fine attenda questo nuovo armamentario monodose nel caso in cui, come impone la nuova cultura dell’affetto stagionale, si decida di convolare subito dopo a seconde, terze o quarte nozze. Sarà necessario restituire anche questi regali? Ma se il simpatico cadeau arriva proprio da un ex a chi mai dovrà essere riconsegnato? La kermesse milanese, così prodiga di consigli, di gadget e di soluzioni all’avanguardia sul fronte divorzista, non è riuscita a fare luce su questi aspetti fondamentali. E si attende la prossima edizione per salutare un nuovo testo unico del galateo della separazione capace di accompagnare i neofiti nel vortice degli addii e delle ripartenze. Ma il tutto sempre, ecco la raccomandazione ricorrente, con soave letizia. Qualcuno, affetto da inguaribile tradizionalismo paleolitico, potrà dire che il sorriso sembrerebbe un atteggiamento fuori posto nel momento in cui si spezza un rapporto di coppia. O addirittura che la sofferenza per la fine di un investimento affettivo importante come quello del matrimonio non si concilia bene con lo spirito lieve e festoso suggerito dai nuovi guru del verbo divorzista. Ma è evidente che a questi coraggiosi sostenitori di verità che si vorrebbero liquidare come archeologie relazionali, sfugge una verità ormai assodata. Anche separazioni, divorzi, rapporti di coppia e relazioni affettive rischiano di entrare a pieno titolo tra le “merci” a disposizione di quell’enorme, mostruoso, inesorabile ingranaggio che si chiama società dei consumi. E nella logica del business tutto può essere manipolato, rimodellato, adulterato, banalizzato. Ci si può adeguare o scandalizzare. Ma anche la seconda opzione non sarà sufficiente a invertire la rotta, se allo stesso tempo non riusciremo a far capire che ogni progetto di vita che si frantuma, trascinando nel buio della sofferenza anche tanti figli incolpevoli, è una realtà drammaticamente seria, che riguarda tutti. Una vera emergenza sociale che dovrebbe essere affrontata in modo molto più stringente e sistematico di quanto oggi avviene dalle istituzioni pubbliche – civili ed ecclesiali – e non lasciata a improvvisati impresari di kermesse e di party.